giovedì 16 maggio 2013

^Sigh^Life! – La messa in scena




Breve premessa: il fumetto contenuto nel numero 7 de Le Storie della Sergio Bonelli Editore, La Pattuglia, di Accatino e Casertano è fortemente debitore (in alcune parti sembra ricalcare) un film coreano dal titolo  R-Point (puoi vedere un trailer). Ci sono diversi spezzoni in rete. Se volete, cercateli. Che si tratti o meno della versione a fumetti del film (mi diverte questo punto: la (non)versione a fumetti di un film misconosciuto), la questione riporta al centro due riflessioni che mi stanno a cuore. 

Come detto in altro post, a presentazione del numero, il curatore Gianmaria Contro cita una serie piuttosto lunga di riferimenti cinematografici che avrebbero ispirato il fumetto, senza ahimé citare R-Point. Un’omissione di colpa, una dimenticanza ingiustificabile? Una leggerezza? È possibile che neppure Contro ne fosse a conoscenza? Eppure, come dice lo stesso Accatino in un suo intervento in rete, la sua sceneggiatura riporta tutte le fonti di riferimento. Forse, come suggerisco in quel post, la prossima volta sarà meglio citare riferimenti fumettistici piuttosto che cinematografici, per evitare qualunque fraintendimento. Tanto sappiamo che in Bonelli nessuno o quasi cita altri fumetti, perché per lo più gli autori non li leggono. 

Ma la questione che trovo più interessante riguarda l’aspetto creativo. Questa vicenda è l’esemplificazione estrema di un certo tipo di approccio al racconto seriale: nessuna vera idea da raccontare, ma una grande attenzione alla forma. Insomma, il racconto seriale come pro-forma (inteso in senso letterale) dove non conta cosa racconto ma il vestito che gli metto. Da qui, quella sensazione che spesso abbiamo di inutilità delle storie che leggiamo. Quel senso di vuoto deriva dal vuoto di idee degli autori. Un insieme di riproposte di idee e scene che supera ormai ogni qualunque proposito post-moderno. Anche perché, come in questo caso, il citazionismo non è sorretto da una visione creativa originale, forte e personale. Qui davvero forma e contenuto diventano la stessa cosa: un contenuto che manca completamente di originalità e personalità si riflette in una forma che è curata ma semplicemente inutile, inconsistente. Il mestiere diviene lo scheletro che sorregge il nulla. 
Abbiamo bisogno di autori diversi, che abbiano non solo qualche straccio di idea originale, ma che abbiano anche voglia di mettersi personalmente in gioco nella creazione delle loro storie. Che ci offrano il loro punto di vista sul mondo e sulla vita e che abbiano voglia di sporcarsi un po' le mani. Che escano dalle logiche del compitino professionale da portare a casa mese dopo mese. A maggior ragione se si tratta di autori relativamente giovani e in crescita.
È possibile farlo in ambito avventuroso e seriale?
La domanda è talmente sciocca che mi vergogno di averla fatta.
La risposta la lascio a voi.  

2 commenti:

  1. Applausi.

    P.S.: Le Storie 8, Story Teller, Contro fa riferimento a un fumetto (Bonelli e stesso autore del numero in questione) usando la locuzione "narrazione per immagini". Dopodiché, raffica di citazioni cinematografiche perché quella sì che è arte.

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