martedì 30 dicembre 2014

^Sigh^Life! - Not an atom of hell shall enter into my paradise

L’amore si confonde col sesso. L’amore è una serie di scatole cinesi. 


L’amore può liberare. L’amore può essere una dannazione. 
Il ricordo, che non si spegne, si lega alle aspettative, alle emozioni, alle abitudini.
Siamo condizionati da idee e giudizi che neppure ci appartengono, portate avanti da innumerevoli generazioni. Se non ci fermiamo a riflettere, a creare spazio dentro di noi, i condizionamenti diventano meccanismi indistruttibili che ci muovono come marionette.
Il dolore, la malattia e l’imprevisto possono rompere quei meccanismi, e portare a nuova luce, nuove intuizioni, un diverso livello di consapevolezza. A quel punto, ciò che fa la differenza sono gli strumenti che si è riusciti a raccogliere, interiorizzare nel corso degli anni attraverso la pratica, l’esperienza, l’azione e le relazioni.



Ogni mattina, ogni interazione o pensiero, ci mette a contatto con il nostro inferno personale, fatto di violenza, mancanza di rispetto e sordità. Ogni istante possiamo identificarci con queste parti di noi, agirle senza neppure chiederci cosa diavolo stiamo facendo. Chi siamo, e qual è la nostra vera natura. 
Ogni giorno possiamo essere all’inferno o in paradiso. 

È successo a molti di perdersi in una o più storie affettive complesse, dolorose e assordanti. Di quelle in cui vieni rapito, in cui perdi il contatto con il tuo centro, in cui il demone del desiderio, del bisogno e della paura danno all’altro un potere infinito. Potere di gioia e dolore su di noi, potere di vita e di morte. Perché quando soffri, quel dolore sembra davvero poter portare all’annientamento di sé. Oscillazioni, perdita di controllo, insanità.



A volte, queste relazioni finiscono. Spesso no. Quando finiscono offrono due cose: immenso dolore/disperazione; libertà. A noi la sfida, di come utilizzare quel dolore e quella nuova libertà. A volte si sceglie in prima persona, a volte scelgono gli altri per noi. In ogni caso si affronta un lutto. E questo stretto e oscuro passaggio, questa ombra, rivela sempre una grande luce. E prepara alle tante altre forme di lutto che incontriamo nella vita, fino all’epilogo della propria parabola.


Ma di quell’amore infernale, di quel piacere ineffabile che ti entra nel sangue, la nostra mente potrebbe decidere di non volerne affatto fare a meno. E allora la schiavitù si perpetua, fino all’avvilimento totale del corpomente, che gradualmente si spegne. Le scatole cinesi diventano sempre più traslucide ma permanenti. 



Penso a come le nostre percezioni lavorino in modo circolare, ridondante sui nostri pensieri. I programmi televisivi che ci fissano la sera, se lo permettiamo, i rumori dei vicini, i loro segreti, le nostre e loro piazze, mostrate a tratti, a lampi, in interazioni manifeste e spesso volgari. Quel che mangiamo, quando e come ci laviamo, dove decidiamo di fermarci, nella nostra casa, a riflettere, a masturbarci, a piangere, a giocare e gioire. Le strade che facciamo ogni giorno per andare al lavoro, e i territori dell’immaginazione che percorriamo, spesso oscuri, depressi, a volte maniacali, a volte megalomani. Basta poco perché tutto venga spazzato via e rinnovato. In negativo, una malattia, una perdita. In positivo, un incontro, una nascita. 



Ma abbiamo la responsabilità di riprendere in mano la nostra libertà, e di tornare a scegliere a ogni respiro chi siamo, e riconoscere la nostra vera natura. Solo così, anche in amore, avremo la possibilità di incontrare realmente l’altra persona, e non un suo fantasma, non un suo demone.  


info: disegni di Akab, tratti dal quasi inedito Not an atom of hell shall enter into my paradise, per il quale ringrazio personalmente l'autore, nella speranza di una prossima pubblicazione in italiano.

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