lunedì 14 gennaio 2013

^Sigh^Life!, L'impressione




Il mio caro amico Salerio Vivé legge raramente fumetto seriale. Ma conosce bene il fumetto e i suoi meccanismi. Oggi scambiavamo qualche parere sulla nuova collana Bonelli Le Storie. A proposito dell’eccessivo riferimento ai canoni di genere (noir, chambara, ecc.) di alcune uscite mi dice una frase che risuona, a cui vorrei dare il giusto spazio:

Si chiamano Le storie ma la storia dov'è?

Salerio ha ragione. In almeno due episodi su quattro (Nosmoking, La redenzione del samurai), l’impostazione è talmente aderente ai generi da sembrare parodie di altre storie dei generi di riferimento stessi (per una riflessione sulla parodia, puoi leggere un vecchio articolo di Harry qui. Perché la parodia non è di per sé un male).

Ma non vorrei confonderti. Perché l’obiettivo di questo articolo non è parlare de Le Storie, ma del mio amico Salerio Vivé, o di un certo modo di approcciarsi alla lettura. Quindi, torniamo a Le Storie.
Qualcuno forse ricorda Billiband, antica creatura a firma Giuseppe De Nardo e Bruno Brindisi (ed. Universo). Personalmente, amavo quel fumetto, per ragioni che neppure ricordo. Non riprendo in mano quei lavori da quando uscirono in edicola, quindi è solo un ricordo del passato. Ma di una cosa possiamo essere certi: sia De Nardo che Brindisi sono persone di talento e, ormai, abili professionisti. Sicuramente, entrambi, vittime dell’oscurantismo creativo di Dylan Dog (che piega ormai le ali a chiunque). I due sono tornati a lavorare insieme in occasione della terza uscita di Le Storie, La rivolta dei Sepoy.
Ebbene, l’amico Salerio Vivè prende in mano questa nuova storia, legge le prime pagine e poi, preoccupato, la appoggia sulla scrivania senza averla terminata. Mi spiega il perché (diamo spazio anche a questa considerazione):

Ho pensato, bello. Questo sì che è scrivere.
Ma non ho proseguito la lettura perché non volevo rovinarmi l'impressione.


Con il fumetto seriale succede spesso proprio questo. Buoni esordi e buone sceneggiature che si spengono nell’intreccio di futili ricorrenze seriali. La buona, se non ottima, preparazione tecnica è spesso al servizio di idee banali, soggetti deboli o eccessivi ammiccamenti al pubblico di riferimento. Il pubblico di riferimento. La malattia dell’intrattenimento. O il suo contrario.
E tutti gli altri? Tutti quei lettori potenziali che degli ammiccamenti e delle parodie di genere non interessa nulla, come Salerio Vivè?
Sarebbe bello mettere al servizio di una vera storia (di una reale esigenza espressiva e comunicativa) tutto quel talento e quella preparazione tecnica.
In ogni caso, il punto non è Le Storie, come detto, ma il mio amico Salerio Vivé.
Il lettore consapevole ha avuto talmente tante delusioni d’amore, da essere molto diffidente.
Come possiamo aiutarlo?

1 commento:

  1. Aiutarlo a riprendere la lettura di seriali? Forse, leggendo fumetti di qualche indipendente americana. Ovviamente, evitando i supereroistici. Credo che esistano numerose proposte che possano soddisfare il suo bisogno. In alternativa, si può vivere anche di sole graphic novel. :P

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