La guerra è una merda.
La guerra è un orrore.
La guerra è perdita di coscienza di sé.
Il Vietnam è diventato il simbolo sublime
di tutte le guerre sbagliate.
Questa storia, no
non serve a comprenderlo.
Questo fumetto non serve a nulla.
Vuoto intrattenimento derivativo
ben confezionato.
Neppure un palpito di emozione.
Rispetto e amo ogni animale.
Si, anche quello.
Soffro ad ammazzare una formica.
Accompagno i ragni fuori dalla finestra.
Ma non vorrei mai avere un cane.
Quella fedeltà e il loro odore.
E dopo Blanca, chissà,
forse ancora meno. Un problema mio, certo.
Anche se continuo a pensare che l'uomo è l'animale
più pericoloso della Terra.
Capace delle azioni più terrificanti
e più alte. Se un equilibrio c'è,
l'arte può aiutarci a trovarlo.
Daniele Sepe ha dato vita a un Canzoniere Illustrato. L’idea
di base è illustrare con una storia a fumetti temi e musica di ogni canzone del
disco, che è più o meno lo stesso lavoro realizzato dal gruppo di autori che ha
collaborato con la Banda Putiferio per Il Paradiso delle Trottole.
L’obiettivo generale è dare forma a
un disco. Varrebbe la pena ragionare sui motivi di questa scelta, in questa
epoca post-moderna digitale. Accostare un libro alla musica può essere un modo
interessante per orientare all’acquisto, piuttosto che al recupero illegale
delle musiche in internet. È all’ordine del giorno: edizioni limitate,
extra-lusso, materiali in diversi formati, il ritorno al vinile… sono tutti
tentativi per offrire qualcosa che il semplice recupero delle musiche da
internet non permette. Un lavoro di nicchia. Normalmente il tentativo di
gonfiare qualcosa, senza che ne esista un reale (espressivo) bisogno.
In generale, con un libro a fumetti, il discorso dovrebbe essere diverso. Si
tratta di un lavoro culturale espressivo, denso e impegnativo che incrocia i
linguaggi e i supporti (audio-visivi), che ragiona sulle diverse forme e sull’attualità
dei materiali. Che coinvolge molti artisti, soprattutto nella formula
utilizzata nel Canzoniere illustrato e ne Il paradiso delle trottole, ovvero
quella della storia breve accostata ad ogni canzone.
Le strade percorse sono due. La più comune è un’interpretazione grafica e
visiva della canzone. Vengono messi in scena personaggi ed eventi propri della
narrazione musicale, che acquisisce una nuova dimensione esperienziale. In
questo territorio, il rischio (alto) è il didascalismo. Pensiamoci, una buona
canzone ha davvero bisogno di una messa in scena visiva, in forma di fumetto?
No. L’esperimento artistico funziona se e solo se l’autore di fumetti trova un’idea
grafico-visiva nuova, qualcosa che offra un punto di vista inedito sulla
canzone, che diventi controcanto, nuova voce. Insomma, un’esperienza corale. È l’esempio
del lavoro di Squazche puoi leggere qui sotto, sulla canzone Bammenella 'e copp''e
Quartier, dove l’intuito visivo dell’autore, con quel suo colto rimando
alla cultura popolare, offre davvero qualcosa in più al brano.
La seconda strada consiste nell'inventare una nuova storia che si accosta alla narrazione musicale. Un lavoro
simbolico, dove il collegamento tra i due temi (quello fumettistico e quello
sonoro) non per forza è esplicito, e comunque richiede (e stimola) l’immaginazione
dell’ascoltatore. In Canzoniere Illustrato, Akab raccoglie questo tipo di sfida
e lo fa in un modo che emoziona e stupisce, per molte ragioni. Il brano scelto
è già di per sé interessante, perché si tratta di un’interpretazione strumentale
(con uno straordinario Francesco Citera alla fisarmonica) di Era de Maggio, celebre
canzone popolare napoletana tratta da una poesia di Salvatore Di Giacomo e musicata da Mario Pasquale Costa. Una canzone sull’amore, la vita, il ricordo, la
nostalgia, la speranza. Ecco il testo.
Era de maggio e te cadéano 'nzino,
a schiocche a schiocche, li ccerase rosse...
Fresca era ll'aria...e tutto lu ciardino
addurava de rose a ciento passe...
Era de maggio, io no, nun mme ne scordo,
na canzone cantávamo a doje voce...
Cchiù tiempo passa e cchiù mme n'allicordo,
fresca era ll'aria e la canzona doce...
E diceva: "Core, core!
core mio, luntano vaje,
tu mme lasse, io conto ll'ore...
chisà quanno turnarraje!"
Rispunnev'io: "Turnarraggio
quanno tornano li rrose...
si stu sciore torna a maggio,
pure a maggio io stóngo ccá...
Si stu sciore torna a maggio,
pure a maggio io stóngo ccá."
E só' turnato e mo, comm'a na vota,
cantammo 'nzieme lu mutivo antico;
passa lu tiempo e lu munno s'avota,
ma 'ammore vero no, nun vota vico...
De te, bellezza mia, mme 'nnammuraje,
si t'allicuorde, 'nnanz'a la funtana:
Ll'acqua, llá dinto, nun se sécca maje,
e ferita d'ammore nun se sana...
Nun se sana: ca sanata,
si se fosse, gioja mia,
'mmiez'a st'aria 'mbarzamata,
a guardarte io nun starría !
E te dico: "Core, core!
core mio, turnato io só...
Torna maggio e torna 'ammore:
fa' de me chello che vuó!
Torna maggio e torna 'ammore:
fa' de me chello che vuó"
Per chi non conosce Daniele Sepe, a questo punto è
necessaria una breve parentesi musicale.
Sepe è sassofonista e arrangiatore e compositore e saltimbanco e… uomo di
strada, uomo colto, uomo di sinistra, uomo anarchico. È un ricercatore. Prende
vecchie musiche delle tradizioni popolari del mondo e le rinnova con sonorità
jazzistiche e fushion. Inventa spettacoli su Toto costruendo una fitta rete di
citazioni musicali più o meno colte in un fluire sonoro sorprendente e
dinamico. Scrive musiche che giocano con i paradossi della nostra attualità.
Sepe è un autore impegnato, che usa l’assurdo e il parossismo sonoro come
metafora di una vita senza senso, ma sempre gioiosa e ricca di opportunità. Arriva
anche a stravolgere ninna nanne tradizionali ripercorrendo le strade elettriche del Miles
Davis di Bitches Brew. Canzoniere illustrato è un disco più prevedibile di altri, per gli standard di
Sepe, ma sempre interessante e bellissimo. Era de Maggio, per il musicista partenopeo, si inserisce perfettamente nella
ricerca che ho appena cercato di sintetizzare: niente parole (per un testo conosciutissimo),
solo l’essenza, il cuore della melodia in una nostalgia abissale (che è quella
propria della canzone e quella del ricordo degli ascoltatori).
A questo punto, si sovrappone il controcanto del breve racconto di Akab. E qui
avviene un cortocircuito. Amore e politica (i veri temi della vita di Sepe) si
incontrano e scontrano, dando vita a un punto di vista inedito sul mese di
maggio (da mese della gioia amorosa al mese delle contestazioni politiche) e
sull’amore e sulla vita. Come una scossa, come una sveglia, brutale ma
necessaria. Quel bacio, al centro della storia, al centro della rissa, al cuore
della canzone d’amore, è un momento indimenticabile. Un monumento?
Posso dire senza dubbio alcuno che il lavoro di Squaz e quello di Akab valgono
da soli l’acquisto del canzoniere. Il resto si sviluppa senza grandi scosse, e
accompagna con leggerezza la bellissima musica di Daniele Sepe che, a proposito
di ponti, ha collaborato proprio nel disco della Banda Putiferio Il paradiso delle
trottole insieme a Bebo Stortinel brano Il campanile di Curon.
Il fumetto è vivo!
L'unica cosa che non muta mai
è il mutamento stesso. L'uomo e il suo ego si illudono di poter controllare e stabilizzare la vita.
Cosa che non è possibile, se non a prezzo
della salute e della libertà, e per brevi,
brevissimi periodi. Poi c'è la nostalgia.
L'uomo dietro queste storie è cambiato.
Il mondo con lui. Il passo è perso per sempre.
Per sempre ... per sempre ... per sempre ...
Rimane il gioco
del ricordo
e del sarebbe potuto
essere.
A proposito di cinema e fumetto, e del loro stretto amplesso amoroso, attendo con trepidazione il momento in cui, per introdurre una nuova Storia Bonelli, il buon Gianmaria Contro ci racconti anche dei numerosi riferimenti fumettistici, insieme a quelli cinematografici. Che il fumetto sembra sempre il figlio minore. E a pensarci, vien quasi da crederci!
A titolo di esempio, qui sotto l'introduzione all'ultimo numero de Le Storie, La Pattuglia di Casertano e Accatino.
Con la collaborazione di Daniele Manini, anima della Banda Putiferio, ti presento il brano Fui feto, di cui ho parlato qui. Con la partecipazione di Antonio Rezza.
"Io che nonostante mangi non emetto feci..."
La musica e il suono ricoprono una parte importante della mia vita. Forse la più importante e confortevole.
Il fumetto occupa invece da sempre una parte scomoda, battagliera, corsara e invadente. In effetti, se con la prima, sotto molteplici forme, ci vivo, con il secondo ci lascio le penne, in un confronto impossibile sul piano razionale, fisico, logico ed economico. Ritengo ancora il fumetto una (non)cosa sfuggente, per ragioni che non so spiegare, ma che hanno tutte a che fare con il suo modo meticcio e stratificato di essere. Nel suono, come salmone, sono risalito a ritroso alla sorgente, o quel che più vi si avvicina. Non saprei dire qual è la sorgente del fumetto.
La linea?
Il simbolo?
La forma?
Osservo spesso le persone in chiave ritmica. Gli essere umani sono vere e proprie
orchestre musicali viventi composte di battito del cuore, ritmo respiratorio,
intonazione della voce, ritmo dell’eloquio, gestualità, velocità del passo,
tono muscolare, …
Allo stesso modo, mi capita di osservare il fumetto, leggendo il flusso
dinamico della composizione, le tavole, le vignette che le costituiscono, le vicende
incluse ed escluse (implicite), la densità della narrazione, lo sviluppo temporale
dell’intreccio, i movimenti simulati sulla carta dei personaggi, il suono silenzioso
delle parole scritte, delle onomatopee. Recentemente, per convergenza di
interessi e opportunità, ho seguito questo semplice ascolto nella lettura di
Julia. Vedi come il fumetto porta naturalmente alla sinestesia? Ho ascoltato la lettura di Julia attraverso
il ritmo. È un’esperienza ritmico-compositiva eccezionale, che si rinnova mese
dopo mese. La composizione, pur nella durezza delle vicende narrate, è
armonica, cadenzata, equilibrata ma mossa. Se prendi l’ultimo, bellissimo numero,
puoi cogliere alcuni di questi elementi nell'uso ricorsivo dei flashback, negli
stacchi da un luogo (il presente di Myrna) a un altro (il presente di Julia), nell'uso e nello sviluppo della pulsazione di base della serie (la vignetta, un sesto
della tavola), nella scelta delle inquadrature.
Per inciso, pensiamo un attimo a
questo. L’accostamento di cinema e fumetto spesso ci porta a sottovalutare una
differenza essenziale: quel che viene fermato nel cinema è un reale che
esiste (certo certo, l’evoluzione della computer graphics nei film sta cambiando
radicalmente questo concetto, in particolare per l’animazione, ma qui sto
pensando al cinema tradizionale); nel fumetto, quel che viene fermato è un
reale inesistente, che deve essere inventato dal nulla, da una pagina bianca,
attraverso linee e macchie e colori, attraverso il disegno che nel momento
stesso in cui riprende il reale, lo interpreta e diviene simbolo. In questa
costruzione, su pagina, il tempo lineare e il simbolo circolare creano percorsi
musicali sinestetici, giocando con la musica che abbiamo in testa.
A tal proposito, mi viene in mente un libro che tratta in diversi modi il tema della musica in testa, Musicofilia di Oliver Sacks (ed. Adelphi). Il celebre
approccio esemplare di Sacks riporta diversi casi nei quali la musica esiste
nella nostra mente ma non nel piano comunemente detto reale. Purtroppo, a Sacks
sembra mancare una comprensione più profonda della musica e di quel che
rappresenta per l’essere umano, e svolge un compito freddo e privo di intuizioni importanti. Ma il punto è che la difficile relazione tra fumetto e musica è più stretta di
quanto possa sembrare, e si sviluppa proprio nei silenzi delle scelte degli
autori che i fumetti li costruiscono, negli spazi bianchi tra le vignette e nel
rapporto intimo tra quel che c’è e quel che il lettore simbolicamente ricostruisce.
Quando questo rapporto si fa esplicito e diretto, come nel caso del Paradiso delle trottole di cui ho detto, oppure nel lavoro di Daniele Sepe di cui
parlerò a breve, può succedere che avvengano strani cortocircuiti. In positivo
quando l’astrazione musicale si arricchisce del meticciato fumettistico (è il
caso dello sguardo di Akab in Fui feto e in Era de Maggio nel lavoro con
Daniele Sepe); oppure viene banalizzata e semplificata, quando l’interpretazione
fumettistica è didascalica e priva di un’idea precisa.
Queste complesse relazioni e astrazioni, che la mia mente ricerca e apprezza,
sono anche una delle importanti chiavi di lettura con le quali valuto e critico i fumetti che leggo. Una composizione a fumetti disarmonica, con un ritmo
incerto, con una consapevolezza della dimensione temporale e simbolica
(orchestrale e armonica) involuta difficilmente potranno colpirmi
favorevolmente. Il contrario, diventa una sinfonia sinestetica di piacere (ascolta
le pagine di Taniguchi, e godi!).
Se cinema e fumetto sono gli eterni innamorati (con continui inseguimenti e scambi di ruolo), fumetto e musica vivono un rapporto ben più complicato e lontano, con improvvisi avvicinamenti, che raramente offrono momenti convincenti. Il fumetto vive il silenzio su carta, e rappresentarvi la musica (e il mondo sonoro) è affare non facile, una vera sfida per gli autori. Al contempo, la musica vive spesso di assenza di immagini, di chiusura di occhi (esperienza che la youtube invasion non riuscirà mai a sopraffare, o almeno spero).
Raramente, fumetto e musica nascono come progetti comuni. E quando questo avviene, si ha spesso l'impressione che, comunque sia, uno sia prevalente sull'altro, quasi uno fosse il fratello minore dell'altro. I due casi di cui vi parlo (oggi e tra qualche giorno) non fanno eccezioni.
Nel giro di un paio di anni, sono usciti due progetti simili per idee e (in parte) per autori coinvolti. Il primo è il disco/libro a fumetti della Banda PutiferioIl paradiso delle trottole(ed. Tunué, qui un'intervista di presentazione del lavoro su LoSpazioBianco.it). Ne aveva parlato Harry qui. In quell'articolo, Harry citava la storia Fui feto, interpretazione a fumetti di Akabsu un monologo di Antonio Rezza. Fui feto resta ancora oggi, a mio avviso, uno degli episodi più significativi del disco/libro, e forse inaspettatamente. Certamente è il più agghiacciante e stimolante. Una vera sovversione di ogni istinto di vita. Dove emerge, nella lettura di Akab, un'interpretazione, un'idea che va oltre la riproposta didascalica.
Il disco della Banda Putiferio, dopo un anno di ascolti ripetuti, mi sorprende in positivo per due ragioni: la forza della narrazione arriva nel tempo, e questo è un grande pregio in un panorama musicale sempre più usa e getta; alcuni dei brani contenuti sono diventati la passione dei miei due figli Gabo e Cecio (di 7 e 3 anni).
Purtroppo, devo dirlo, il lavoro della Banda Putiferio risente enormemente dei piccoli mezzi di produzione, sul piano degli arrangiamenti (non sempre ben calibrati) e soprattutto sul piano della "confezione acustica" del prodotto finito, con un mixaggio incerto e, spesso, mal disegnato.
Per la forza del fato (Fui fato!) Akab è anche il ponte che collega questo lavoro a un altro di uguale impostazione (disco più libro a fumetti), quel Canzoniere Illustrato di Daniele Sepe che è stato tra i primi lavori di cui avrei dovuto parlare su ^S^Christmas e che arriva solo ora (o meglio, tra qualche giorno).
Iniziamo oggi con la Banda Putiferio, e Fui Feto di Akab.
Con la presentazione del Canzoniere Illustrato di Daniele Sepe su youtube, ci diamo invece appuntamento a tra pochi giorni per la seconda parte di questa breve riflessione su musica e fumetto.
Quando sfiori quei pensieri
l'orrore ti assale.
La semplicità del punto di vista rivela:
quanto è lontana la sanità mentale
dalla follia?
E quanto è di aiuto la 'consapevolezza'
se sei consapevole di essere un pazzo
e un assassino?
La modernità del linguaggio, la chiarezza,
il coraggio di una produzione Bonelli
che non teme confronti.
La migliore serie in circolazione
da anni.
Leggo una notizia. Prendo l'ultimo numero, come un treno in corsa.
Sorrido, il vento dal finestrino sulla faccia.
Torno indietro, prendo il primo numero.
Risoamaro. Italiano.
Derivativo.
Le fermate intermedie per un'altra volta.
Quando mi torna la voglia.
(Non si fa così, cazzo, merda,
che modo del cazzo di leggere una storia.
AHR AHR AHR!)
Datemi un robot e conquisterò il mondo.
Go!
Eroismi, fantapolitica, i Guardiani,
la sbornia del potere in Guerra Fredda.
Il gioco nel segno, nel movimento,
l'energia infantile che torna
rinnovata nella creatività adulta.
Una parodia perfetta.