Sono giorni, mesi!, strani. Mi ritrovo all’alba di una nuova
nascita personale, con due gemelle che a giorni, forse ore, potrebbero arrivare
al mondo. Pronte a rivoluzionare di nuovo completamente i miei equilibri che a
volte, distrattamente, mi illudo essere stabili.
Mentre torno a interrogarmi ancora e ancora sul senso dell’incarnazione
e, in definitiva, della nostra vita sulla Terra, oscillando com’è ovvio tra uno
sfrenato ottimismo e un rabbuiante pessimismo, mi tornano in mente Spider-man e
il Puma. Non è un caso se proprio nell’ultima settimana ho iniziato a rileggere
cicli di storie immortali dell’Uomo Ragno. Quando ero un ragazzino, non ricordo
con precisione l’età, ma è quel ragazzino eterno e mitologico che non siamo mai
stati ma sempre ricordiamo, nostalgicamente; insomma, un giorno assolato,
seduto da solo nel soggiorno della casa in cui sono cresciuto tenevo in mano un
numero del quindicinale dell’Uomo Ragno della Star Comics e, mentre leggevo un’insignificante
storia con ospite Puma, firmata se non erro da Ron Frenz e Tom De Falco, ricevo
quella che oggi chiamerei una sorta di epifania. Un momento estatico, quando la
luce penetra in tutto il tuo corpo e ti senti completamente gioioso e in
armonia con l’Universo. Quel momento, arrivato come una carezza inaspettata, è
rimasta inevitabilmente collegata a quella stupida storia di Spider-man e di
Puma.
Ci sono momenti in cui mi interrogo sulla mia passione per i
fumetti, razionalmente inspiegabile, e ritorno a quel pomeriggio assolato e a
quella storia di supereroi. Sappiamo che la nostra mente, la nostra memoria e
la nostra identità funzionano per processi simbolici esemplificativi, pietre
miliari che tracciano la nostra strada e ci cambiano. Potresti pensare che sia
un vero peccato che una di queste pietre miliari sia rappresentata da una
storia così sciocca. Ma posso consolarmi pensando che non sia stata l’unica. E
molte altri momenti di piacere e gioia hanno riguardato la lettura di fumetti.
Come quella volta al mare in cui ho scoperto Frank Miller e il suo Daredevil
con la storia della morte di Elektra. Sapevi che Elekra era morta? Poi risorta,
poi morta, poi risorta… Una cosa complicata! O quella volta in cui ho iniziato
a leggere per la prima volta un Bonelli, per puro caso, di ritorno da una
vacanza in Sardegna. Quando tutti erano attratti dall’horror e da Dylan Dog, mi
innamorai di Nick Raider, più in sintonia con la mia passione per il giallo di
quegli anni di ragazzino. O ancor prima, quando bambino venni sommerso dalla
polvere e dai colori sgargianti di vecchi Topolino, regalatimi da un
generosissimo cugino ben più grande di me. Potrei proseguire senza fermarmi
mai, fino a questi giorni. La rilettura di Watchmen con la mia compagna, nella
noia e nell’abbandono della gestazione o quella de Il Bambino Dentro di J.M.
DeMatteis e Sal Buscema su Spectacular Spider-man, che anni fa coccolò la mia
passione per la psicologia, per finire con la partecipazione alla sinfonia
grafica di Mattotti nel suo ultimo lavoro in coppia con Kramsky, di cui per
altro ho parlato seriamente su LoSpazioBianco.it.
Chi ama i fumetti, si ritrova invaso da immagini nella
propria quotidianità e nella marea ondivaga dei ricordi. Non sorprende quindi
che un autore di fumetti, capace di trasformare quella fervente malattia in
professione, si cimenti nel raccogliere le proprie pietre miliari, i propri
momenti indimenticabili. Magari con spirito compilatorio e divulgativo, ma senza
la pretesa di essere esaustivo o sistematico.
È proprio questo che ha fatto l’amico Claudio Calia con il
suo Leggere i fumetti.
L’aneddoto che lo riguarda è che sono mesi che devo scrivere
di questo suo ultimo lavoro. Volevo farlo seriamente, come prevede l’etichetta,
ma per ragioni che non mi erano chiare, non riuscivo a farlo. Non ne avevo
voglia. Oggi so che il motivo è che non riesco a approcciarmi a Leggere i
fumetti in modo critico. Perché, fondamentalmente, non ne ho voglia. Non mi
interessa ragionare, discutere, analizzare i motivi per i quali Claudio ha
fatto questo libretto, ha fatto le scelte che ha fatto, ha disegnato come ha
disegnato, ha pubblicato come ha pubblicato, ecc. Il libro di Claudio mi
interessa su un piano emozionale (e forse anche sentimentale, come puoi
capire). Perché leggerlo mi ha permesso di immedesimarmi con le sue “illuminazioni
fumettologiche”. Certo, Claudio ha anche un chiaro scopo divulgativo orientato
in particolare a chi non legge abitualmente fumetti e, da questo punto di
vista, potremmo chiederci se un libro di questo tipo riesca o meno nell’intento.
Ma non lo faccio. Non mi interessa.
Mi appassiona camminare letteralmente con Claudio nelle
pagine di quei personaggi e di quelle celebri storie, fianco a fianco, come fa
con Quinn di Città di Vetro a pagina 103, per empatizzare con i suoi ricordi e
con quel mitologico ragazzino sempiterno. Perché per lui ci sono stati i giorni
di Krazy § Ignatz, di Gasoline Alley, degli X-Men, del Cavaliere Oscuro, di
Devilman, degli Inumani, di Zanardi, di Cerebus, di Maus, di Sandman, di Jimmy
Corrigan, di…
Sono le pietre miliari di qualunque appassionato, tutte simili
ma diverse. Quelle passioni che illuminano stranamente la vita, insieme a cose
ben più importanti e serie, come i traslochi, le lauree, le nascite, i
matrimoni, … ma in fondo, quando accadono quei momenti, tutto è avvolto dalla
stessa luce e non è più possibile o necessario fare analisi razionali e stime
di valore. Basta l’esserci, la testimonianza e la condivisione. Che senso ha il
nostro cammino, se lo facciamo da soli?