Avere tutte le carte in mano e non riuscire a
chiudere la partita.
Ratigher "usa" al meglio l'enorme talento di Paolo Bacilieri e la povertà artistica (sempre più povera, purtroppo) della coppia Montanari & Grassani senza riuscire a evitare le trappole
dell'autocompiacimento e delle strizzate d'occhio.
La morale della storia, che è ovvia e vera sin dall'antichità, è che l'arte come forma di pura manifestazione egoistica e narcisistica
porta solo dolore a chi la realizza.
Nel merito, l'equilibrio del contrasto artistico estremo messo in scena dai disegnatori, che Ratigher prova a giustificare con la metanarrazione, si arena nella povertà delle frecce narrative offerte all'arco del protagonista.
Dylan Dog non esiste. Il suo vuoto è un'informe assenza narrativa che fa girare a vuoto tutto il gioco messo in atto dagli autori.
Peccato. Perché era una questione di sensibilità e di ego.
Più della prima e meno del secondo avrebbero portato a
un successo pieno. Nel rispetto del personaggio.
info: Dylan Dog 369
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