Mi occupo di aspetti artistici in ambito riabilitativo e terapeutico da quindici anni. Ci sono aspetti dell'essere umano che ho compreso solo in relazione alla malattia, alle difficoltà e ai limiti.
Quando ho saputo del percorso personale di Marco Galli, ho chiesto la sua disponibilità a intervistarlo. Si parla, certo, di malattia e sofferenza, ma soprattutto di quel che ci fa muovere il culo dalla sedia e metterci in cammino per essere persone migliori. L'arte, qualunque forma artistica, è il miglior compagno di viaggio che mi viene in mente.
Ecco uno stralcio:
Come è cambiato il tuo rapporto con la scrittura, che è poi sempre subordinato al nostro rapporto con la vita più in generale?Questo è interessante, perché è cambiato molto. Un po’ per maturità e un po’ per contingenza. Prima il mio approccio al libro era molto diretto: partivo con disegni e testi, spesso senza nemmeno storyboard, fino a libro finito. Poi riscrivevo, sui testi abbozzati, anche fino a cinque volte, prima di arrivare al lavoro finale. Spesso il senso della storia cambiava parecchio dalla prima stesura all’ultima, sembra impossibile, uno dice: i disegni sono quelli, la successione delle vignette tracciata, i balloons hanno quella misura e quel numero… E invece, la forza delle parole è magica anche nel fumetto, cambiate poche parole e cambia tutto il senso. Se potessi suggerire un esercizio ai giovani fumettisti, sarebbe quello di prendere un fumetto già esistente, leggerlo e riscriverlo cercando di dare un senso diverso alla storia. Si impara molto. La scrittura, quando c’è in un fumetto, è importante e da curare come tutto il resto; spesso si vedono grandi magie cromatiche e dei poveri balloons che navigano anemici dentro le pagine.
Puoi leggere tutta l'intervista qui, sul sito de LoSpazioBianco.it
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