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giovedì 12 dicembre 2013

Orfani 2, Non per odio ma per amore

^Sigh^Score 4/6

La coerenza di stile è salva.
Il movimento interno agli eventi
è un coro di voci da cui nascono assoli.
Nessun vuoto ma il pieno del puro
intrattenimento.
Stile - style - come nuova estetica
del fumetto seriale italiano.
Oppure semplicemente
quello che nasce quando si crea
sapendo perché.

info: orfani 2

Altre storie brevi e senza pietà

^Sigh^Score! 4/6

Dar forma a uno stile
prima di essere un uomo
richiede la voglia di osare
e generare.
L'opera prodotta dell'ingegno
fuori da noi
permette la visione di noi.
Raccontare la vita non è mai stato
facile.
Felice chi ci prova con l'idea
di assumersi la responsabilità
di una voce.

info: altre storie brevi e senza pietà

lunedì 2 dicembre 2013

Long Wei 6, Il tempio

^Sigh^Score! 5/6

Amanti del genere fatevi avanti.
L’equilibrio è servito.
Quel che vive è nel ritmo e nei dettagli.
E nell’ironia meta-comunicativa.
Vanzella-Genovese sono una piccola miniera.
Chi vuole investire a tempo indeterminato
sulle loro capacità? 

martedì 26 novembre 2013

^Sigh^Life! - Una Storia e i Fiori del Massacro si incontrano

Avendo facoltà, come si dice, scegliamo liberamente di quali letture riempire il nostro tempo libero.
Le vicende della vita, negli ultimi mesi, mi hanno ripulito: pistola alla tempia, o il tempo o la vita. Nessun cazzo di Tex intorno ad aiutarmi. Alla vita ci tengo. Quindi via alle priorità e stop alla lettura.
Nel fine settimana appena concluso, mi sono però riappropriato di alcune ore e, soprattutto, del gusto di soffermarmi sulle pagine a fumetti.
Potrei riflettere sul tema della decongestione da lettura che ho vissuto in questi mesi, ma rimando perché, dopo un po’ di tempo, ho voglia di tornare a parlare di qualcosa che ho letto.



Gipi, Una storia, fresco di stampa, con il suo grande formato, mi ha riportato a qualche anno fa, quando aspettavo con una certa emozione l’uscita di un nuovo libro. Ché Gipi resta, ancora oggi, forse sempre di più, un grande, grandissimo talento del fumetto. Uno che ci si sporca, con le sue tavole, e che ha costruito con consapevolezza molti dei meccanismi che lo rendono speciale.


Recchioni e Accardi, I fiori del massacro, uscita numero 15 de Le Storie della Bonelli, prevista per metà dicembre, si dovrebbe collocare sulla sponda opposta rispetto a Una Storia nell'ideale e fantomatica dicotomia fumetto “popolare”/fumetto “autoriale”. Le divergenze produttive, concettuali, di target e artistiche sembrano motivare, ancora oggi, questa differenziazione. Per un lettore onnivoro come me, il tema diventa secondario quando le storie sono buone e sono aperte. O forse, più che secondario, un tema da tenere ben presente e da superare.



Una storia di Gipi è meno di quello che ci si aspetta prendendo a riferimento i suoi principali lavori precedenti: meno complessa, meno densa, meno pensata, meno stratificata. C’è un gesto artistico più immediato, una volontà più chiara, ma non sempre a fuoco. Il racconto è costruito intorno a due idee piuttosto semplici, che hanno a che fare con il senso della vita e l’eredità della morte. O il senso della morte e l’eredità della vita. Temi importanti. Che l’autore decide di trattare su due piani temporali diversi e giustapposti, legati però dal tema dell’eredità di sangue. I due protagonisti della storia sono infatti parenti e il titolo utilizzato da Gipi per il suo lavoro chiarisce da subito che in entrambi i casi si sta parlando della stessa identica storia. Vita/morte, eredità, libertà…


Sarà un caso, o un segno dei tempi, se I fiori del massacro affronta gli stessi identici temi: il senso della vita e l’eredità della morte. O il senso della morte e l’eredità della vita. Il concetto cardine, ereditato dall’opera immortale Lone Wolf and Cub è il Meifumado, l’inferno giapponese, cui la protagonista della storia si lega, in un percorso che richiama direttamente l’esperienza del Lupo Solitario. L’impalcatura della storia è avventurosa e decisamente “popolare”, ma nasconde una preparazione onnivora e ottimamente “reincarnata” su migliaia e migliaia di altre pagine scritte e disegnate, viste e ascoltate da parte di Recchioni e Accardi. La coppia si conferma più che nel precedente lavoro come perfettamente in sintonia. Stupisce in particolare Accardi, che riesce a mimetizzare il tratto orientale con un’interpretazione personale, tutta europea e bonelliana, senza risultare mai posticcio o derivativo. Una scommessa difficilissima per un prodotto seriale italiano che è senz’altro vinta. Recchioni ci mette le sue idee e la cura nella sceneggiatura. Non ci sono sorprese. Tutto fila fin troppo liscio. Come nel primo numero de Le Storie i canoni di riferimento non sono mai sovvertiti. Difficile dire, in generale, se questi siano limiti o pregi. Per il mio personale punto di vista è un difetto grande come una casa, perché il lettore consapevole vorrebbe rimanere felicemente sorpreso. Insomma, Osamu Tezuka ha mostrato come fare in centinaia di sue pagine, ma non è, oggi, purtroppo, autore particolarmente ripreso o “imitato”.



La vita, la morte, l’eredità nelle loro declinazioni legano due storie diversissime sotto tutti i punti di vista. È vero che si tratta di cardini sui quali spesso si sono sviluppati meccanismi narrativi efficaci, popolari e autoriali. In questo caso, oltre alla visione diacronica del mio personale rapporto tra lettura e vita, mi sembra si possano aggiungere altri due elementi che legano insieme Una Storia e I Fiori del Massacro: la consapevolezza degli autori rispetto ai propri mezzi e alla forma fumetto che stanno perseguendo; la volontà di rispettare in pieno le aspettative del proprio target di lettori di riferimento. E forse le due cose vanno insieme.


giovedì 14 novembre 2013

^Sigh^Life! - L'anti graphic novel di Massimo Giacon

Il graphic novel è il gemello maschile della graphic novel. Differiscono per genere e per etichetta. C’è una sorta di gerarchia temporale per cui la seconda è antecedente al primo e, per questo, dal primo è superato.
Se hai difficoltà a capirci qualcosa, puoi semplicemente decidere di usare il suono che preferisci. Io sono affezionato alla graphic novel, perché sono un gentiluomo. Ma lascia che sia la musica a guidarti. 

Ricordo che, anni fa, una delle interviste più divertenti che ho fatto è stata quella a Massimo Giacon (qui). Insieme al mio amico Alberto Casiraghi mi recai nello studio milanese di Giacon, in zona Leoncavallo/Loreto, e chiacchierammo intorno al fumetto e tutto il resto. Eclettico, Giacon. Fuori schema. Artista. Idee chiare ma evanescenti, o forti e seduttive. L’artistite come una malattia, o un’identificazione potente, o un rituale di vita. Ho sempre amato il suo gusto visivo. 

Amo gli artisti, in generale, con il distacco partecipe che sempre mi accompagna quando sento un certo tipo di energia, di convinzione. Inutile aggiungere, ma lo aggiungo, che non è possibile valutare un uomo dall'incontro di un’intervista. Non i suoi dubbi reali, le sue ambizioni, le sue amputazioni, i suoi successi. E che il luogo dell’intervista è proprio il più adatto per dare spazio alla propria artistite.
Nel suo approccio controcorrente, corrosivo, Giacon ha più volte espresso perplessità per la (non)forma delle graphic novel. L’ha anzi messa in discussione con i suoi stessi lavori. Che da quella (non)forma sembrano sempre volersi distaccare con forza. Mi tornano in mente questi pensieri perché trovo su twitter il link alla sua strepitosa, sintetica e pungente critica in forma di fumetto (il fumetto è il mezzo principe della meta-comunicazione) alla graphic novel. Eccola qui.



E non è un caso che il libro a cui sta lavorando per Rizzoli Lizard venga definito proprio su twitter come inclassificabile. Le etichette contano. Per un iconoclasta come Giacon, inclassificabile è il top. Anche questo è marketing.
Eppure, eppure provo un certo fastidio alla critica forzata alla (non)forma delle graphic novel.
Per almeno tre ragioni che sintetizzo così:

- Non esiste qualcosa come LA graphic novel. Tale concetto mi sembra la reificazione di un pregiudizio. Anche considerandola all'interno di un movimento artistico, come teorizzò alcuni anni fa Eddie Campbell, trovo pressoché impossibile radicalizzare il concetto fino a un format specifico, o ridurre quelle che comunemente sono considerati degli ottimi esempi di graphic novel a uno schema predefinito (un elenco sarebbe utile, per allargare la discussione, ma non ho il tempo per farlo ora).

- Storicamente, il concetto di graphic novel, soprattutto negli USA dove è nato, ha fatto più bene che male all'evoluzione culturale e artistica del fumetto. Ha aperto nuovi orizzonti e possibilità, sia artistiche che editoriali che economiche.

- Anche la pura adesione a un canone come quello che Giacon prende in giro nella sua tavola non esclude la possibilità di realizzare un capolavoro. Tutto dipende dalla capacità dell’autore di raccontare. Tanto quanto aderire ad altri canoni (quello avventuroso, per esempio) non impedisce ad altri autori di realizzare ottimi fumetti. E non può diventare, forse, anche l’anti (non)forma verso cui Giacon sembra volersi muovere essa stessa una gabbia? L’inclassificabile stesso, in forma fumetto, potrebbe essere schematizzato in una tavola, individuando alcuni punti cardini della sua impalcatura. Ma anche questo è un pregiudizio.


In conclusione, potrebbe essere più utile tornare al buon senso di giudicare un’opera al di là della presunta etichetta che le viene data. Tornare alla forza espressiva e comunicativa del lavoro, all'indagine delle motivazioni dell’autore e all'ascolto delle emozioni e dei pensieri che esso muove dentro ai lettori.  

martedì 29 ottobre 2013

^Sigh^LSB! - Per sempre Claremont



Torno a parlare di X-Men e di Claremont a proposito della sua gestione della serie X-Men Forever. Dove riprende concetti e idee lasciati vent'anni prima.
Su LoSpazioBianco.it in questo articolo.
Uno stralcio:

X-Men Forever è una serie paradosso: fuori dalla continuity ufficiale della Marvel Comics (concetto che, come ha più volte dimostrato Grant Morrison, non ha più nessuna attualità) ha l’ambizione di tornare a sviluppare temi vecchi di vent’anni. Una serie che “non esiste” vuole rinnovare concetti e percorsi narrativi ormai dimenticati. Siamo nella piena, totale involuzione del concetto di serialità, che appare per molti versi come l’ultimo, straziante canto del cigno di un’epoca. 
Lo sceneggiatore si impegna e sembra giocare con rinnovato entusiasmo, ma il meccanismo è ormai rotto. La sensibilità ha perso qualunque contatto con il reale e non riesce a toccare in alcun modo l’emozione del lettore. Le idee appaiono non solo invecchiate, ma tutto sommato decisamente ridimensionate dal tempo, e dalle tante, reali innovazioni che sono avvenute negli anni (anche nella famiglia dei mutanti, basti pensare alla gestione Morrison).

martedì 15 ottobre 2013

^Sigh^LSB! - Orfani



Da un po' di tempo non scrivo qui. Sono nel pieno di un trasloco con annesso cambio di vita.
Segnalo solo un articolo che ho scritto per LoSpazioBianco.it a proposito di Orfani, la nuova serie Bonelli di Recchioni e Mammucari. Un articolo lungo, ma che potresti trovare di qualche interesse, perché allarga di molto il campo.
L'articolo intero è qui.
Di seguito un estratto.

In Orfani, Recchioni opera una scelta chiara e netta: la modernità deve essere al primo posto. Lo sceneggiatore sceglie quindi di puntare su dialoghi eccitanti, vivaci, coloriti, semplici e rapidi.
La scansione delle tavole è contrappuntata da pochi baloon, raramente di grandi dimensioni, dove poche frasi secche e incisive, sopra le righe e intenzionalmente d’effetto muovono la vicenda e definiscono le dinamiche tra i personaggi e i caratteri.
Una scelta coerente con l’impostazioneconcept-oriented di cui abbiamo già parlato ma che non sempre lascia soddisfatti.
Se, infatti, appare chiara l’intenzione dell’autore, al lettore spesso arriva un’amara sensazione di posticcio, d’irrealismo spinto all’eccesso. La scuola di riferimento è senza dubbio un certo hypederivante dal fumetto supereroistico statunitense.
Ma quello che sembra semplicemente funzionare nel fumetto statunitense (complice anche la naturale sintesi ed enfasi simbolica della lingua inglese), in Orfani mette spesso a disagio. Il realismo non è la chiave, come detto. Ma la coerenza narrativa (e linguistica) necessita forse un maggiore equilibrio nelle scelte. Il rischio è di sentire i personaggi parlare tutti nello stesso modo, attraverso frasi fatte, “telefonate” e incoerenti con le caratteristiche intrinseche degli stessi.
Un esempio su tutti è quello del modo con cui i ragazzini della prima linea temporale parlano tra loro. Non ci si aspetta certo l’infantilismo. Non si sottovaluta la necessità psicologica di bambini posti in una situazione di grave crisi e pericolo a crescere in fretta. Ma in troppi momenti, i dialoghi di questa parte di storia hanno espresso pensieri che difficilmente possono occupare la mente dei bambini. Irrealismo funzionale alla narrazione o eccessiva semplificazione?

mercoledì 25 settembre 2013

^Sigh^Life! - Il paradosso del (non)critico



Spesso il mondo della critica sui fumetti è attraversato da questo paradosso, che ha il semplice motivo di delegittimarne a priori la voce:

Se non sei un fumettista (se non hai mai sceneggiato, se non hai mai disegnato, ecc.), non hai gli strumenti per fare critica sul fumetto.

Se sei un fumettista, non sei super partes per fare critica sul fumetto.

La conseguenza logica è che nessuno sarebbe adeguato a fare critica sul fumetto.
Che ne pensi?

^Sigh^Life! - Orfani e quel piccolo problema di linguaggio



È certo che Orfani di Recchioni e Mammucari, che dal 16 ottobre la Sergio Bonelli Editore presenterà nelle edicole, rappresenta un importante esperimento, forse un punto di non ritorno nell’ambito delle produzioni dell’editore milanese (a priori rispetto a qualunque giudizio di merito).
Ho avuto l’opportunità di leggere in anteprima il primo numero, e ne ho scritto per LoSpazioBianco.it un articolo che ha a che fare con un tema che ho per lungo tempo tenuto nel cassetto. Il tema potrebbe essere riassunto da questa frase: fumetti Bonelli, un problema di linguaggio.
Nell’articolo, sono onesto, non sviluppo l’argomento generale, cosa che richiederebbe molto più tempo e concentrazione di quella che ho al momento a disposizione, ma osservo Orfani da questo specifico punto di vista, cosa che mi sembra doppiamente interessante: perché c’è un esplicita volontà degli autori della miniserie di lavorare su uno “svecchiamento” del linguaggio in Bonelli; perché esiste uno stretto rapporto tra dichiarazioni di intenti ed aspettative, così come tra ambizione ed effettivi risultati.
L’articolo vorrebbe essere occasione per aprire una riflessione più ampia sul fumetto seriale in Italia e l’attualità e l’efficacia del suo “linguaggio”, con le dovute virgolette. Sarà online a inizio ottobre e ne riparleremo.
Intanto rilancio il numero zero della miniserie, che puoi scaricare qui.
Lo faccio, oltre che semplicemente perché mi sembra ben fatta, ma soprattutto perché il tema della promozione e dell’impostazione della stessa è coerente con l’argomento nel suo complesso.

lunedì 23 settembre 2013

^Sigh^LSB - La saga di Fenice Nera



Come anticipato, nell'ambito dell'ottimo speciale sugli X-Men in uscita su LoSpazioBianco.it e curato da David Padovani (che ringrazio per la cura nella revisione e nell'impaginazione), viene pubblicato un mio articolo che ricorda l'importanza della saga di Fenice Nera.
Un piccolissimo estratto:

La saga di Fenice Nera rappresenta, per queste ragioni, una pietra miliare e un punto di non ritorno nell’evoluzione del genere nel cuore degli anni ’80, che celebra il conflitto tra la fragilità dell’uomo e la pericolosità delle forze con cui si ritrova sempre più a “giocare”, che vanno ben oltre la piccola visione comune

Tutto l'articolo lo trovi qui.
Ne sono piuttosto fiero.

Long Wei 4, L'inferno

^Sigh^Score! 2/6

Alcune cose migliorano col tempo.
Per esempio, il vino.
Per esempio la carta, che qui
diventa almeno accettabile.
La storia no. Qui si va indietro.
I buoni momenti ci sono.
Ma la volatilità della storia
mal sopporta il fresco vento
settembrino.
Il pugno è un fatto.
La sua rappresentazione un altro.
I disegni aggressivi ma un po' pesanti
non ancorano a sufficienza.

info: long wei

sabato 14 settembre 2013

^Sigh^Life! - A chi importa cos'è la critica?!


chris ware


Fuori tempo massimo per me, discutere sulle funzioni della critica nel mondo del fumetto.
Non ci credo. Non mi interessa. Non nell'ambito di una cultura italiana umiliata e insonne.
Non in un contesto che difficilmente apre gli occhi al sole fuori dalla finestra.
Non dove la consapevolezza personale è sotto le scarpe e il narcisismo espressivo la principale chiave di volta.
Non dove la ricerca di visibilità e riconoscimento è il richiamo principale.
Non dove la militanza sorda degli appassionati riduce tutto a un gioco di specchi.

Nel mondo dei fumetti, i critici esistono?
Perché lo facciamo? Con quale funzione?
Più semplice dell'estate che termina per dare spazio all'autunno.
Leggi quello che scriviamo, e valuta lucidamente se ti interessa, se ti offre spunti di comprensione, se svolge una funzione culturale e umana, se ha vita.
Poi, se sei convinto, torna a leggere ogni volta che vuoi.

Sarebbe piuttosto molto interessante raccogliere le voci.
L'aspetto importante, per chi ci crede e ne ha ancora voglia, è proprio quello di trovare una forma "editoriale" che permetta di fare sistema, gruppo, e non disperdere come infiniti rivoli le energie che ci sono.
Ricordo che un tempo, quando l'amico Alberto Casiraghi era ancora parte del gruppo, se ne discusse come possibile evoluzione de LoSpazioBianco.it. Ettore Gabrielli, Alberto e io eravamo eccitati dall'idea di trovare una strada in questa direzione. Ma la vita divide quel che il cuore unisce. Si dice così? I tempi non erano maturi. O non lo eravamo noi. E le cose sono andate.

Oggi, i tempi sono maturi? In quale forma? Con quale modalità di coordinamento? Con quale idea editoriale dietro?
Forse questo, merita qualche discussione.
Il resto no. Perché nel pantano delle parole ci stanno bene soprattutto i maiali.
(forte questa metafora dei maiali. Ok la uso come provocazione finale)

Ci leggiamo.

venerdì 6 settembre 2013

^Sigh^Life - Gli X-Men e le due facce di Claremont


la regina nera di john byrne


Con Settembre inizia l'anno nuovo.
Il 31 agosto ho festeggiato il capodanno stando sveglio fino alle 5 del mattino, a pensare a cosa mi lascio alle spalle e a cosa dovrò avviare dal giorno successivo.
Mentre le vacanze finiscono, l'estate si fa coda e ci regala gli ultimi giorni di caldo, cerco di mantenere gli impegni fumettistici presi.
Settimana prossima, su LoSpazioBianco.it prende il via un nuovo, corposo speciale, tutto dedicato agli X-Men. Non c'è un modo migliore per iniziare l'anno. Gli X-Men sono (stati) uno dei fumetti popolari statunitensi più importanti e famosi della Marvel Comics. E lo so che non sono più divertenti da molti anni, e lo so che riletti oggi anche molte cose vecchie non sono propriamente la mia tazza di tè. Ma credo sia importante rileggerne la storia, rivedere alcuni dei momenti più importanti della loro parabola editoriale. 
Il pezzo forte dello speciale, probabilmente, è un'intervista a Chris Claremont in esclusiva per LoSpazioBianco.it. La leggerai e respirerai tutta l'amarezza e il rimpianto del papà adottivo degli X-Men. Il tempo passa e lascia tutti indietro. 
Io mi sono occupato proprio di Claremont e di due momenti contrapposti della sua carriera. Nel primo articolo mi diverto a parlare di sessualità, potere ed adolescenza a proposito della celebre saga di Fenice Nera (realizzata con John Byrne), senza dubbio uno dei momenti più felici dell'intera produzione degli X-Men. Nel secondo articolo, rifletto sulla coda artistica dell'autore, a proposito della recente X-Men Forever, dove Claremont racconta quello che sarebbe successo al suo supergruppo se non avesse abbandonato la serie negli anni '90. E qui, e qui si parla di rimpianti, di nostalgia e della morte dei presupposti alla base del fumetto seriale di supereroi.
Due periodi storici diversi, due momenti opposti nella vicenda artistica e umana di un autore di fumetti. Un ottima lente per osservare la vita in relazione alla creatività. 
Segnalerò gli articoli a tempo debito. Intanto anticipo un breve stralcio dal pezzo su Fenice Nera.  

Byrne e Claremont avevano un’idea chiara in testa e un preciso target di lettori: sparare a mille gli ormoni degli adolescenti, mettendo in scena il concetto stesso di perversione (del bene, della morale, dell’umanità, ecc.) attraverso la bellezza iconica e rassicurante dei supereroi. La dolce, sensibile Jean Grey, che nella storia sarebbe diventata la “divinità oceanica” e corrotta di Fenice Nera, era vittima e complice di un processo di deturpamento del cuore e del desiderio che avrebbe fatto saltare sulla sedia qualunque ragazzino represso come il sottoscritto.
Il Club Infernale, nemico dichiarato dall’inizio di questa saga, intriso d’immaginario fetish, era il richiamo perverso del desiderio per Jean e per i lettori.
Gli autori giocavano a carte scoperte, riprendendo in modo esplicito semplici concetti psicanalitici, vaghi ma stimolanti riferimenti esoterici o filosofici (Yin e Yang della tradizione taoista, per citarne uno): gli opposti come fondamento della vita; la lotta come malattia; il potere e la sua corruzione come motore fondamentale delle scelte. 

giovedì 29 agosto 2013

Dampyr 161, Mal di luna

^Sigh^Score! 2/6

Immagina di avere a disposizione
il meglio dei materiali che puoi
immaginare.
Purtroppo, per un passaggio di luna,
la tua immaginazione è però
esaurita. Come estinta.
La luna è una buona scusa
per ritrovarsi in compagnia.
Nell'amore, nel sangue, nel respiro
della notte.
Il ciclo seriale, proprio come quello lunare,
può essere una vera maledizione.
I lupi mannari hanno paura del buio?

info: mal di luna, dampyr n. 161

Il lungo inverno

^Sigh^Score! 2/6

Intellettualismo.
La prima volta che caddi su questa parola
avevo vent'anni.
La prima volta che la utilizzai seriamente
parlavo di Neil Gaiman.
Negli anni, ho avuto soldi e fortuna.
Poi li ho persi.
Lavoro da tanto tempo con persone affette
da disturbi psichici. Io sono uno di loro.
Tu sei uno di loro. La poesia aiuta a comprendere.
L'intellettualismo no. Solo una vuota mimesi
del reale. Che rende astratto quel che è
concreto come la pietra.
L'estro visivo non salva una storia inerte.

info: Il lungo inverno, Le storie 11

mercoledì 21 agosto 2013

Echo

^Sigh^Score! 4/6

Un ottimo concept che si piega
alla fine
in una parabola necessaria e facile.
Molte parti sono emozionanti,
troppe parti sfuggono.
Un lavoro più grande del suo autore.
Il segno aiuta, per la cura teatrale.
Non aiuta, per l'equilibrio della tavola.
Poteva essere molto meglio.
Anche perché alcuni passaggi restano.
Ottima edizione.

info: echo

Gus and his gang

^Sigh^Score! 5/6

In Italia, approdi al western e hai vinto.
L'approdo ricco e immortale di Tex.
Ma non dimenticare mai che la materia
di cui è fatto un western è, tutto sommato,
inerte lontana e indolore.
Puoi dargli senso se sei molto bravo.
Oppure fai come Blain: usa la creatività per
segnare un punto di non ritorno. Bang!
Sempre una questione di sesso e amore.
Il western è morto.
Lunga vita al western.

info: gus and his gang, edizione in lingua inglese

Blast vol.1

^Sigh^Score! 6/6

Di un uomo si può dire
quanto sia grande
o piccola
la sua opera nel mondo.
Di una vita si può raccontare
quello che nessuno vorrebbe
sentire.
Qualunque viaggio,
purché sia con con la sensibilità
del narratore Larcenet.

info: blast vol.1

giovedì 1 agosto 2013

^Sigh^Life! - Il primo di agosto...



... è un giorno speciale.
L'estate è al suo culmine. Il sole ti brucia gli occhi e fa sudare i pensieri.
L'ultimo fumetto che ho letto, Playlove, mi ha dato un calcio sudato in faccia, e mi ha ricordato di non perdere tempo con le cazzate, che di bastardi in giro per la vita ce ne sono fin troppi. E c'è un piccolo, terrificante bastardo dentro ognuno di noi.
L'estate che culmina è come la luna piena: è il giorno prima di quando inizia a calare. Insomma, l'autunno è già in stato nascente.
A cosa pensiamo noi lettori di fumetti quando arriva questo momento?
Alle molte, moltissime letture arretrate che potremo recuperare durante le ferie. I piedi a mollo da qualche parte, uno zaino pieno, e pagine e pagine da macinare.
E ogni anno le cose non vanno in questo modo.
Un po' per esigenza (la famiglia, le persone reali, la chitarra e uno spinello...), un po' per distrazione, un po' perché nascono altri bisogni (sono qui, nel centro della calura, che leggo e rileggo il Tao Te Ching di Lao Tzu), un po' perché del fumetto ci si stanca anche, a volte.

^S^Comics! ha un difetto tra i tanti che riconosco molto bene: lo aggiorno in modo poco regolare e a singhiozzo. Era un po' da mettere in conto. La brevità aiuta, ma se non leggi fumetti, se non hai il tempo di farli entrare e depositare, di cosa scrivi?
Ricordo che Harrydice... esigeva altri spazi e altri impegni. E io avevo a disposizione due cose molto diverse da oggi: un poco più di tempo libero e una forte motivazione a portare avanti un progetto.
^S^Comics! è diventato nel tempo il mio piccolo diario di bordo. E come tale segue più i miei ritmi personali che viceversa.
Ha un gruppo fedele di lettori, da quanto intravedo dalle statistiche, che mi è per lo più sconosciuto. Harrydice... portava per sua natura di più al confronto e al dialogo. In queste pillolette, in queste sciocchezze pseudo filosofico-poetiche (come le ha definite con suo profondo disappunto uno dei più importanti autori italiani di fumetti, ovvero il sig. Mauro Boselli) è più difficile avere voglia di entrarci e di condividere.
Accade di più con gli spazi aperti da ^S^Look!, le anteprime che irregolarmente arricchiscono questo luogo. Dopo la pausa estiva, riprenderanno. Per prima cosa con il meraviglioso, imperdibile Spirou, e poi spero che maturi un'altra cosetta che giace lì, in attesa del momento giusto.

Oggi scrivo perché ho voglia di chiacchierare.
Ho in sospeso da tempo una serie di riflessioni sulla fenomenologia del lettore (di fumetti).
Ho in cantiere alcuni articoli per LoSpazioBianco.it su Speciali celebrativi ormai prossimi (X-Men, Superman, ...).
Ho in testa di parlare di un gioco critico molto divertente che LoSpazioBianco.it sta pubblicando da un po' ma di cui si è parlato poco, a mio avviso, ovvero le recensioni a fumetti di altri fumetti.
Poi c'è il mondo dell'editoria italiana in fermento: Panini e Disney, editori in crisi, editori che dovrebbero smettere di propinarci prodotti di così bassa qualità produttiva, i timori e l'impreparazione culturale in merito alle e-pubblicazioni, la diffusione di prodotti sempre più diversificati e ramificati, ... Ma non vorrei che ^S^Comics! diventasse un luogo troppo serio di critica.

Siamo al primo di agosto.
Per questo mese evito di darmi obiettivi per il prossimo periodo.
Mi impegno solo a leggere un bel po' di storie di Little Lulu, pescate dalle ristampe Giant Size della Dark Horse e di completare la lettura del primo volume di ristampa di Spirou. Due ottimi esempi di come leggerezza, intelligenza, fantasia e creatività possano condensarsi nelle pagine di un fumetto.
E qui ci sta bene, per chiudere questo inutile spreco di parole, una domanda ai lettori di ^S^Comics!
Qual è il fumetto che leggerai per primo, durante le tue ferie?

mercoledì 31 luglio 2013

^Sigh^Life! - Topolino cambia casa



Mi piacciono le contraddizioni.
O semplicemente osservare come la realtà si intreccia in modi speculari.

Negli Stati Uniti Disney compra Marvel.
In Italia Panini Comics (che pubblica tra le molte altre cose, tutti i prodotti Marvel) acquisisce i diritti Disney per la produzione delle storie.
Difficile dire chi sia più lungimirante, e come la medesima azienda (Disney) abbia valutato l'ultima decisione italiana.
Certo, in Italia, si rompe un assetto produttivo ed editoriale consolidato da molti anni. E Panini diviene ancora di più forte e centrale nell'editoria fumettistica nostrana.
Sarà in grado di produrre storie all'altezza della tradizione? E soprattutto, che è la stessa domanda, saprà innovare e rinnovare le testate? Per prima, l'ammiraglia Topolino, che perde lettori in un'emorragia apparentemente non arginabile?

Quello che so, è che Topolino mi annoia ormai da molto tempo.
Ne sono un lettore saltuario e distratto (Tito Faraci mi ha sgridato per essermi perso il celebrativo e clamoroso numero 3000), ma ogni volta che ci torno, rimango deluso e annoiato. Generalizzo, certo, perché la mia visione è parziale. Eppure qualcosa non mi torna. Ogni volta mi sorgono le stesse domande:

A chi si rivolgono le storie di Topolino (a quale target di lettori).

Che idea di narrazione per "l'infanzia" riposa (!) dietro alla produzione di queste storie.

Che idea di infanzia c'è nella testa di chi produce e realizza le storie di Topolino.

Prevale l'interesse di produrre qualcosa di nuovo, oppure Topolino è intrappolato in una sorta di rituale nostalgico.

Qual è, oggi, la forza iconica di questi personaggi, per l'immaginario dei potenziali lettori.

...

Domande ce ne sono tante. E credo che per ognuna, le redazioni (Panini e quel che rimarrà della Disney) dovranno ritornarci su con impegno.
Se poi, qualcuno dei lettori di questo blog ha voglia di passarmi Topolino 3000 per leggerlo, ecco, lo ringrazierò infinitamente. Potrebbe anche essere occasione per incontrarsi.

^Sigh^LSB! - Lone Wolf and Cub



Tempo fa mi persi nella lettura di Lone Wolf and Cub.
Tempo fa ne scrissi un lungo articolo per LoSpazioBianco.it.
L'ho riletto recentemente per ragioni noiose da spiegare.
Lo rilancio qui, in questo periodo estivo, intanto perché è uno dei più bei fumetti di tutti i tempi, poi perché credo che l'articolo abbia ancora oggi qualche spunto interessante.
Uno stralcio:

Quella che potrebbe essere una banale quanto inconsistente successione di scontri e di battaglie, fondate sull’unico fine di mettere in mostra tecniche di lotta tradizionali ogni volta diverse, avversari sempre più potenti e grotteschi – come avviene nella maggior parte dei manga sui samurai e sulle arti marziali – nel lavoro di Koike e Kojima si trasforma in una sfida narrativa sempre nuova. In un processo di perfezionamento continuo, di invenzione e variazione sul tema, gli autori giungono alla conclusione di ogni episodio partendo da punti di vista, pieghe del racconto, sollecitazioni culturali e rituali sempre nuove. Il lettore è spinto a proseguire la lettura anche per scoprire, passo dopo passo, quale nuova angolazione verrà messa in luce, da quale obliquo percorso si arriverà allo scontro risolutivo. L’accerchiamento al quale il Lupo Solitario e il suo cucciolo sono sottoposti darà origine a sfide e pericoli sempre più imprevedibili, che condurranno all’inevitabile fine per condensazione e accumulo, in un processo circolare a spirale, piuttosto che in uno sviluppo lineare da punto a punto. Appare questa una forma espressiva tutta orientale, lontana dalla visione meccanicistica propria della cultura occidentale: la vita di ogni individuo si sviluppa per casualita’, continui ritorni, derive. Il senso del cammino sta nell’attesa, come per Ogami Itto il senso della vita è celato nella via del Meifumado, dove emozioni, desideri, timori, aspettative perdono energia, forza, in un percorso di meditazione che, qui, appare iscritta nell’essenza stessa della vita di un samurai e, al contempo, mostra tutte le contraddizioni di una filosofia di liberazione che si piega, per Itto, al servizio della morte e della distruzione.

Tutto l'articolo qui.

lunedì 29 luglio 2013

Playlove

^Sigh^Score! 4/6

L'orrore quotidiano si manifesta
nelle forme che chiamiamo amore.
Amiamo per paura
per rabbia.
Amiamo per delusione
per imprevisti.
Prima di svegliarci e capire
che il movimento della natura
governa le nostre azioni
più di quanto sospettiamo.
Le forme sane dell'amore sono tutte
da scoprire.

info: playlove

giovedì 25 luglio 2013

^Sigh^Quote! 41

"PERCHÈ LA CONOSCENZA È TORTURA E DEV’ESSERCI CONSAPEVOLEZZA PRIMA DEL CAMBIAMENTO”* […]
Per un adolescente introverso, fantasioso e represso che aveva timidamente rifiutato la Bibbia, questo credo cosmico era valido quanto qualsiasi altra cosa. La Lega della Giustizia sembrava infantile se paragonata alla succosa Pop Art della psico-fantascienza di Starlin... un piacere sempre più colpevole, considerando che l'universo DC era diventato stantio e conservatore, congelato in un insieme di gesti ripetuti interpretati da emblemi esausti, stemmi vuoti.
Le antiche lezioni dei trip lisergici, la tonante e inevitabile voce del maledettamente ovvio assurta allo stato di divinità, mi giunsero attraverso queste storie così come attraverso la musica dei Beatles e dei Doors.
Mar-Vell era diventato "cosmicamente consapevole" e questo significava che spesso i suoi albi sfumavano nella splendida rappresentazione grafica di una coscienza stellata e sconfinata. Il suo volto si tuffava in ombre illuminate da stelle e nebulose in movimento, mentre i suoi occhi blu emergevano dallo spazio infinito per scrutarci.
Era anche come ci si sentiva a vivere nella mia testa. Quelle battaglie erano quelle che affrontavo nel mio animo da adolescente. Era il viaggio sciamanico in forma di albo a fumetti Marvel. [...]

La parola cosmico arrivò a identificare queste selvagge scorribande in fantasie spesso illuminate da droghe e presto altre sarebbero giunte a far loro compagnia. Queste nuove e strane storie di supereroi erano create da giovani scrittori e disegnatori, stralunati capelloni che piovevano nell'industria dei fumetti, attratti dall'iconoclastico universo di possibilità della Marvel.

Grant Morrison, da SuperGods, ed. Bao Publishing

* testo tratto da Captain Marvel 29

^Sigh^Life! - SuperGods



Leggo i primi capitoli di SuperGods, di Grant Morrison. Sento l'entusiasmo, la facilità di scrittura, l'assenza di ricerca, l'istintività, e il tentativo di racchiudere anche questa storia nel suo piano di realtà, fatto di hype, di metafisica, di esistenzialismo iconico.
Molta enfasi, ma ben inserita nella sua cornice. In fondo, il percorso di questo libro serve anche a dare valore al lavoro dello stesso Morrison. E sono curioso di leggere di come parlerà del suo stesso lavoro e di quegli anni lì, gli anni '80, in cui lui e l'ondata britannica ha invaso il fumetto popolare statunitense. 
Intanto le sue pagine mi riportano alla mente lo straordinario viaggio di Warlock nella visione psichedelica di Jim Starlin. Devo riprenderlo in mano, dove l'avrò messo?


^Sigh^Life! - Carta e stampa non possono...



A proposito di Long Wei 2, carta e stampa non possono ridurre un fumetto in questo modo.
C'è una totale mancanza di rispetto per
i lettori
gli autori
il mestiere di editore
la professionalità
...

Un invito: distribuire il fumetto in formato elettronico. Subito!
Grazie.

mercoledì 24 luglio 2013

Fairest 1

^Sigh^Score! 2/6

Tu che me l'hai venduta come
una delle cose più belle degli ultimi mesi,
guardami in faccia e spiegami perché
una storia vuota di idee, con dialoghi da telefilm,
che gioca scioccamente con l’immaginario 
delle favole
avrebbe dovuto in qualche modo interessarmi?!
Willingham ha sempre il solito difetto:
scrive come se riassumesse la trama a un editor.
Quando iniziare a raccontare una storia ai lettori?

info: fairest 1

Nobody

^Sigh^Score! 4/6

Ci vuole coraggio, nell'introduzione,
a sostenere che questa storia è l’essenza
dell’avventura.
Il territorio immaginario è un altro:
surreale, onirico, simbolico e psicologico.
E letterario. E sentimentale.
Il contrario, potremmo dire, delle premesse
di un racconto Bonelli.
Non fosse che il tempo è maturo.
Un grosso neo: la lunghezza. La sintesi
avrebbe dato vita a una storia migliore.

Furari. Sulle orme del vento

^Sigh^Score! 5/6

Come insegna la meditazione vipassana
contare i passi è una delle principali tecniche
per la camminata consapevole.
Essere qui, ora, un passo dopo l’altro.
Osservando quel che c’è, nell'incontro
con la meravigliosa, potente fragilità della vita.
Non sempre si conta per le ragioni corrette.
Ma è bene ricordare che
la pace è ogni passo. 

Long Wei 2

^Sigh^Score! 4/6

Fine delle premesse.
Un salto nel genere.
Dove un folle incontra l’altro.
Lui, il protagonista, è della peggior specie
di quelli che s’impicciano inutilmente.
Il meccanismo narrativo si mette in moto
e inizia a funzionare.
Si alza il tiro, un poco, e penso
questa è la cosa che mi aspetto.


mercoledì 10 luglio 2013

Amore nero

^Sigh^Score! 4/6

L’intrattenimento vive di cura
e reinterpretazione del noto.
Una storia fruibile da tutti,
quando non è banale ricorsività,
ha radici solide e stratificate.
Su quelle basi, il meccanismo narrativo
trova la sua forza, e la sua efficacia.
Il resto avviene nel ritmo,
nella scelta degli accenti: parole e segni.
Che poi sono la stessa cosa.
In questo piccolo scrigno prezioso
l’intrattenimento ha la sua piena ragione d’essere.

^Sigh^Quote! 40



understatement:

Un’uscita perfetta, quindi? No, naturalmente. Ci si incarta un pochino sul finale e l’intreccio rimane leggermente sospeso. Ma sono le cose minuscole a rendere queste pagine gigantesche. Questionare su altri aspetti sarebbe gratuito. Anche perché siamo solo al secondo numero.
Recensione di Long Wei 2, a cura di EvilMonkey da qui.
Linguaggio a parte: quando si perde il senso della misura. Ma è un'escalation... Critico militante o marchetta?

^Sigh^Life! - Dylan Dog, (contro)copertina



Da settembre, per Dylan Dog iniziano a cambiare le cose.
Dalle notizie a disposizione, sappiamo che ci sarà un graduale sviluppo di un approccio nuovo al personaggio, che ha inizio con una parziale revisione delle storie già pensate e realizzate in questi mesi.
In una storia di quasi cento pagine, a pochi, pochissimi mesi dalla stampa, come quella si settembre di Carlo Ambrosini, non è certo possibile apportare sostanziali modifiche (ammesso che ne avesse bisogno).
Giusta quindi la scelta di puntare sulla copertina, che ha tempi di lavorazione molto più brevi e che risponde in modo per certi versi anche più impattanti sul piano della comunicazione.
Le brevi considerazioni di Roberto Recchioni sulla scelta di questa cover, a firma come sempre di Angelo Stano, dimostrano due fatti:
- Che è in atto, per Dylan Dog, una serie di ragionamenti più concreti e, al contempo, più maturi, volti a valorizzare il patrimonio editoriale, economico e... culturale che Dylan Dog rappresenta.
- Che la consapevolezza editoriale in merito alla lavorazione delle copertine in casa Bonelli è, nella maggior parte dei casi, bassa, se non bassissima. Ed è un enorme limite, se pensiamo al potenziale comunicativo (a molti livelli) che le copertine hanno.
Andare avanti.

^Sigh^Quote! 39

Ogni anno, in questo periodo, arriva il piacevole rituale del Texone. 
Da qualche tempo, complice l'ottimo lavoro di Mauro Boselli, è un appuntamento da non perdere, per chi ama il fumetto seriale di avventura. E il prezzo dell'albo rimane una delle cose più clamorose del fumetto mondiale. Pensaci su. Ed ecco cosa dice Venturi:

Per quanto riguarda l'approccio alla sceneggiatura devo dire che ho cercato di attenermi il più possibile ad essa.
Sia perché Mauro Boselli, da par suo, mi aveva fornito un impianto narrativo solidissimo e vivace, e sia perché, come sempre, a partire da quello ogni disegnatore ha comunque molti spazi affidati a lui nei quali può sbizzarrirsi.
Se infatti il fumetto somiglia un po' al cinema si può dire che i molti ruoli che compongono la produzione cinematografica sono sostanzialmente gestiti nei fumetti da due persone.
E così se nello sceneggiatore si possono assommare le figure di soggettista, sceneggiatore, dialoghista, regista e così via, al disegnatore rimane un ampio ventaglio di competenze, come attore attraverso i personaggi disegnati, costumista, scenografo, direttore della fotografia, operatore alla macchina…insomma, c'è di che dare sfogo alla propria immaginazione!

Andrea Venturi, a proposito del Texone appena uscito, da qui

lunedì 8 luglio 2013

^Sigh^Life! - Sweet Salgari e l'eredità di un uomo



Altre tragedie colpirono successivamente anche la moglie e i figli dello scrittore: nel 1914 Fatima, giovanissima, rimase vittima della tubercolosi, mentre nel 1922 la moglie Ida si spense in manicomio.
Nel 1931 fu di nuovo il suicidio la causa della morte dell'altro figlio, Romero; nel 1936, per le ferite di un tragico incidente in moto, perse poi la vita Nadir, tenente di complemento del Regio Esercito. Un'intervista, conservata nelle teche di Rai Storia del 1957, ritrae l'ultimogenito figlio vivo Omar, che racconta alle telecamere della vita di suo padre. Tuttavia, anche Omar, in seguito, si suicidò, gettandosi dal secondo piano del suo alloggio nel 1963.
da wikipedia, su Emilio Salgari

Non sono mai stato un esperto di Salgari. Non posso dire di avere mai amato davvero i suoi libri. E non ricordavo in alcun modo il triste finale della sua vita.
Conosco certo, per vie dirette e indirette, la sua mitologia e l'enfasi della sua prosa, ma raramente mi sono lasciato trasportare dai suoi romanzi.
Sempre da wikipedia, scopro che Che Guevara lesse 62 dei suoi romanzi. Citato a fine pagina, in una nota sulle diverse influenze dello scrittore, sono colpito da questa strana deriva, così fuori contesto. La mitologia di uno scrittore si realizza anche così. Sono arrivato a leggere Sweet Salgari di Paolo Bacilieri buon ultimo tra gli ultimi e, per di più, senza le conoscenze di base.
Nell'approccio a un nuovo lavoro, sempre meno mi piace documentarmi in anticipo. La ricerca avviene dopo, se mai. Rifletto spesso sul fatto che le opere che amo di più sono quelle che lasciano aperti i nodi, che spingono i lettori a ricercare nuove informazioni, nuovi stimoli. Mi piace quando certi lavori ti rimangono addosso, in un modo o nell'altro.

Paolo Bacilieri è, oggi, il più importante autore di fumetti italiano. Lo dico senza alcun timore. Basta viaggiare per le pagine di Sweet Salgari per capirlo. La semplice intuizione di accostare i paesaggi evocativi ma familiari dell'Italia vissuta da Salgari, alle descrizioni esotiche dei suoi romanzi, rappresenta la cifra stilistica (si dice così) di un autore intelligente e unico. Poi l'aspetto tecnico: la sintesi del tratto, in quell'equilibrio tra realismo quasi fotografico e stilemi tipicamente cartoon; la cura per la composizione visiva e narrativa della pagina nel suo insieme; la scelta delle parole con cui i personaggi si esprimono; la capacità di raccontare una parabola di vita in pochi, rilevanti momenti essenziali. Siamo di fronte alla quintessenza del racconto a fumetti.

La tragedia del suicidio di Salgari, che lega e slega il senso di una carriera, prima ancora che di una vita, è il punto focale da cui tutto il resto viene osservato, per accostamento o contrasto. L'eredità del narratore è più o meno potente dell'eredità di sangue lasciata agli eredi, come suggerisce lo stralcio di biografia familiare che riporto a inizio articolo?
Se l'immaginazione ha permesso allo scrittore veronese di viaggiare e far viaggiare per il mondo, senza mai spostarsi dall'Italia; quella stessa divinità a due teste ha costruito nel tempo della vita grumi di dolore densi come il fango. Quell'odore di muffa e muschio e sottobosco, dell'ombra di uomini che non conoscono il riscatto, di budella sventrate in un modo che solo la perversione dell'immaginazione eroica più nera può generare, sono le sensazioni che Bacilieri offre al lettore. Senza interpretazioni. Con disincanto. Con ironia. Con una sensibilità rara per il fumetto italiano contemporaneo. Nulla è lasciato al caso, ogni segno studiato, ogni movimento dell'occhio sulla pagina è accompagnato da una lucidità che, spesso, personalmente, mi lascia il volto pieno di stupore. Perché è qualcosa che c'è solo nel momento in cui si diventa una cosa sola con quanto si sta realizzando, nell'intenzione, nella manualità, nella rivincita dell'arte sulla vita.

Sweet Salgari è l'apice di una carriera fatta di apici. Perdonami l'eccesso. Ma quando un autore è capace di realizzare una (non)biografia come questa e di giocare con l'inconsistente mondo di Antonio Serra nel racconto Sul pianeta perduto realizzato per la Sergio Bonelli Editore, capisci che non c'è più alcuna distinzione tra fumetto alto e basso, d'autore o popolare, e che l'integrazione culturale (mi piace questa parola) è possibile anche e soprattutto nel mondo del fumetto.
Spiace solo sapere che Bacilieri rappresenta un'eccezione e non la regola. Perché il pianeta perduto dell'editoria fumettistica italiana è tutt'altro che capace di aiutare autori come questi a crescere e trovare la propria voce. Ancora di più, quindi, in questo senso, la dedica di Sweet Salgari a Sergio Bonelli risuona come un riconoscimento dovuto.


domenica 7 luglio 2013

Sweet Salgari

^Sigh^Score! 6/6

Nei sogni si rivela la ferita.
Che sia il sonno, o parole su carta.
Non c'è vita che non abbia follia.
All'immaginazione la possibilità
di rendere schiavi
o liberare.
Il ritorno a casa ha sempre la forma
maestosa e immensa
del delta del Gange.
La vita civilizzata e borghese
non può che sognare l'acqua
e il suo movimento.

info: sweet salgari