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giovedì 14 marzo 2013
^Sigh^LSB! - Intervista a Berardi
Finalmente online su LoSpazioBianco.it, grazie all'imprescindibile collaborazione di Ettore Gabrielli, la mia intervista a Giancarlo Berardi, dove parliamo ampiamente di Julia, del processo creativo e delle tematiche di questa atipica, ma di successo, serie della Sergio Bonelli Editore.
Riporto un estratto, dove Berardi ricorda la collaborazione con un maestro del fumetto italiano:
Mi è davvero impossibile non chiederle un aneddoto in merito al lavoro con Sergio Toppi. Come è avvenuta la collaborazione per il n. 11 di Julia?
In quel periodo, Toppi aveva poco lavoro. Fu Bonelli a suggerirmelo. Ne fui onorato, perché avevo amato molto i suoi disegni e lo consideravo uno dei miei maestri, tra i pochi che hanno reso il fumetto un fatto culturale. Essendo nato come illustratore puro, aveva difficoltà a seguire la sequenza tipica di Julia, così, ci accordammo che Mantero e io gli avremmo fornito il layout di tutta la storia. L’umiltà di questo grande artista – già avanti con gli anni – era solo paragonabile alla sua grandezza professionale. Più volte mi mostrò le sue bellissime tavole dichiarandosi insoddisfatto e pronto a rifarle, se glielo chiedevo. Che grande lezione. Fu un vero signore, nella vita e nel lavoro.
Tutta l'intervista qui.
L'eterno riposo ( ago 1999 ) , secondo il mio modesto e sindacabilissimo parere, non è un albo riuscito di Julia quanto un fantasmatico albo Dylaniato del miglior Sclavi in cui Dyd sia stato sostituito da un Toppi in gabbia. Il Maestro mai così prigioniero ed il lettore sadomasochista a soffrire e gioire di quel soffrire per ogni primo piano e a strappare la tappezzeria con le unghie quando la criminologa atterra un fuggiasco con la sua borsetta ripiena di un posacenere.
RispondiEliminaAl confronto il n. 114 di Nick Raider ( nov 1997 ) ed il suo Almanacco del giu 2001 sono un volo ad ali spiegate di un falco.
E' come far ridisegnare Watchmen da Denys Cowan, Rocky Rude da Simonson o Keibol Black da Jon Bogdanove. Spero che dovunque sia Toppi ci siano immense tavole bianche da coprire di segni e disegni. A rotta di collo.
l'annale problema del rapporto tra arte e alimentazione a volte si pone in modo molto critico.
RispondiEliminaricordo anche io le prove su nick raider. mi sembra che la sceneggiatura di uno di quelli (o entrambi) fosse di renato queirolo. e già allora l'impostazione bonelliana era una fatica?!
eppure eppure, nelle insidie, e nei limiti di quell'impostazione emergono anche le sfide. pensiamo a magnus sull'insulsa storia di tex? e penso a un professionista come toppi e al suo modo di affrontare questo lavoro. alle difficoltà anche tecniche che gli ha posto.
e penso all'impegno di sergio bonelli nel trovare lavoro a toppi.
insomma, in tutto questo, al di là del bene e male, del giusto o no, mi sembra emergano chiaramente pregi e limiti delle produzioni bonelli.
d'altra parte, mi chiedo, meglio un toppi prestato alla bonelli, o un casertano che mai (o quasi) si esprime più liberamente, al di fuori della casa madre?
g.
Era Gino D'Antonio - il Chuck Dixon italiano - ma è l'istess.
RispondiEliminacavolo, gino d'antonio!
RispondiEliminacome ho fatto a confondermi?!
mi manca d'antonio!
g.