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giovedì 21 febbraio 2013

Alcune verità che so su Bilbolbul

(c) jason


Verità vuole che oggi inizia Bilbolbul.

Verità vuole che Bilbolbul sia un festival nazionale sul fumetto in continuo mutamento.
Il mutamento è vita, dice il saggio. Il mutamento è muto, perché parla con le sue forze.

Verità vuole che a Bilbolbul ci sia una personale di uno dei miei artisti preferiti, quel Jason che fu protagonista di una delle peggiori interviste che mi sia capitato di leggere, e i cui lavori rispecchiano una solitudine esistenziale che mi appartiene.

Verità vuole che le mostre al festival di Bologna quest'anno sono 41, e che ti costringono a immergerti nella città emiliana, a perderti nelle sue strade piantina alla mano, e ritrovarti dopo, dopo la cacca dei piccioni, l'odore di urina dei portici, il movimento della gente, il freddo della neve (ci sarà neve anche lì?), l'aspettativa di un incontro.

Verità vuole che non avrai il tempo di coprire tutti quei luoghi, di fermarti nel tempo di quegli incontri, e che nella sparizione, del tempo e dei luoghi, avviene il gusto della scoperta. Forse la vertigine. Forse la separazione dal reale. Forse l'incontro con il quotidiano.

Verità vuole che a Bilbolbul si celebra il fumetto nella sua dimensione artistica, o l'arte nella sua dimensione fumetto, o entrambe nella loro dimensione viva. Ecco, in questa retorica dell'esistente, forse non dobbiamo dimenticare la funzione dell'esperienza. Bilbolbul è un festival formato città che dà spazio all'esperienza. Uscire da un libro per materializzarsi in altra forma, e offrire l'opportunità di un'esperienza.

Verità vuole che LoSpazioBianco.it si sta occupando di realizzare approfondimenti mirati sugli autori di Bilbolbul curandone in prima persona il blog (quest'anno, artefice primaria è Elena Orlandi, quella di Retina, che compie un anno e la puoi sostenere qui, quella a cui non ho mai mandato il pezzo su Mattotti che mi aveva chiesto).

Verità vuole che non andrò a Bilbolbul, quest'anno. Impegni familiari e di lavoro mi costringono a percorre strade che conosco e abitare luoghi abituali. Il mio immaginario non è felice, ma il tuo è in tempo per gioire e poi raccontarmi cosa mi sono perso, e soprattutto perché me lo sono perso.
Fatti vivo!

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