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lunedì 15 ottobre 2012

^Sigh^Quote! 03

Responsabilità era per Guido un gesto continuo e consapevole del ruolo di ciascuno nella complessità della società civile. Ciò senza togliere a ciascuno l’inevitabilità dell’errore, della caduta, del dubbio. Quel fare implicava sacrificio, continuo, nel tentativo di mettere a tacere pulsioni di vita che andavano richiamate a uno scopo: che piace, che tocca, che si deve. […] A volte l’arte, la condizione intellettuale, l’invocazione alla cultura costituiscono scuse: per restare sempre e impunemente aggettivi senza alcun sostantivo da argomentare. Guido si definiva un mestierante, mai artista. Egli credeva che la propria ricerca fosse imprescindibile da un atteggiamento etico. Non dunque il fare per il fare, ma il fare per un principio. Nel suo lavoro non accettava scuse, divagazioni dal principio, e l’obiettivo non era mai una superficie liscia, un guscio d’uovo da accarezzare con autoreferenzialità. L’oggetto si sporcava della materia, del sedimento, ed era generato attraverso un percorso di depositi soggettivi, ma anche oggettivabili. Ne risultava sempre un prodotto crudo e crudele, nel linguaggio e nei temi, che parlava dei fallimenti della storia oppure delle povertà umane, dei ricordi e delle dimenticanze della società.
Roberto Franco, da SessantaQuaranta, con Walter Chendi, ed. ARTeFUMETTO

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